Dead Rising 4
Frank West ritorna come protagonista della fortunata serie della Capcom con il solito titolo Dead Rising 4 che si ripropone di “tornare alle origini” strizzando l’occhio al primo Dead Rising, ma cercando al contempo di riprendere il meglio dagli ultimi due capitoli.
In Dead Rising 4 si vestiranno i panni del noto fotoreporter Frank West, già apprezzato nel primo Dead Rising e in Off the Record, che si ritroverà a cinquantadue anni suonati alla ricerca di un nuovo scoop che possa renderlo famoso in tutto il mondo. Risvegliatosi da un incubo nel cuore della notte il buon Frank, seppur riluttante, viene convinto dalla sua “allieva” Vick a tornare a Willamette (la stessa città del primo episodio) per indagare su una base militare del posto. Il nostro protagonista – che ancora sogna una possibile vittoria del premio Pulitzer – dopo sedici anni è ancora convinto di poter dimostrare che sotto all’esplosione delle ultime epidemie zombie ci sia il governo americano. In seguito ad alcune vicissitudini Frank viene abbandonato da Vick e si ritrova a tornare a Willamette per una terza volta grazie a qualcuno pronto a credergli e supportarlo nella sua “caccia alle streghe”. Nella cittadina del Colorado intanto l’epidemia infuria da sei settimane ed è comparsa una nuova organizzazione nota come Obscuris, interessata a qualcosa presente in città. All’interno dei sette casi che compongono il gioco vi ritroverete a entrare in contatto con altri sopravvissuti e scoprirete addirittura dei collegamenti con il primo Dead Rising. Non ci dilunghiamo oltre perché, pur trattandosi di un plot narrativo che non vuole ovviamente prendersi sul serio, risulta complessivamente godibile e non vorremmo farvene alcuna anticipazione. E’ doveroso comunque sottolineare che, pur non essendo la narrazione e la trama generale il punto forte del brand, grazie a qualche trovata interessante non ci hanno mai annoiato; inoltre le disavventure di Mr. West sono indubbiamente le più convincenti tra tutto ciò che la saga ha proposto.
Nel periodo immediatamente successivo all’annuncio del gioco, Capcom ha cercato di indicare Dead Rising 4 prima come un reboot e in seguito come un reimagine, qualcosa insomma che avrebbe dovuto segnare una rinascita per il brand; mentre i ragazzi dello studio di Vancouver hanno parlato di “ritorno alle origini” senza specificare eventuali motivazioni che andassero al di là del ritorno di Frank West come protagonista o del setting proposto, ovvero quella Willamette al centro degli eventi narrati nel primo capitolo della saga. Ciò che possiamo dirvi con certezza è che l’utilizzo dei due termini precedenti ci è apparso leggermente fuorviante e secondo noi il più adatto è semplicemente quello di sequel. Sì, perché i punti cardine della saga sono rimasti i medesimi del passato e Dead Rising 4 si pone principalmente come un seguito: la trama si lega leggermente al passato, il gioco ha una base da more of the same vero e proprio, pur proponendo allo stesso tempo qualche novità. Insomma, parliamo sostanzialmente di caratteristiche da sequel, anche perché cambiare profondamente la formula di uno zombie game con una struttura come quella della saga ideata da Keiji Inafune è complesso e scarsamente fattibile; inoltre non ce ne sarebbe stato francamente motivo, considerando che il gameplay non è di quelli che non sentono il peso degli anni e risulta ancora oggi divertente e appagante. La novità maggiore è rappresentata dalle EXO Suits, esoscheletri in grado di garantire a chi li indossa una forza sovraumana e una resistenza senza pari: si può scattare per chilometri, squartare con facilità i nemici o prendere a calci i veicoli mandandoli verso gli zombie. La batteria di queste fantastiche “armature” ha però una durata limitata. Per questo motivo non bisogna mai perdere di vista le spie: quando iniziano a lampeggiare di rosso, l’energia è agli sgoccioli e bisogna correre ai ripari prendendo delle specifiche torrette in grado di ricaricarla, trovando un potenziamento per garantire una durata maggiore della batteria e infondere nuove capacità al proprio EXO oppure preparandosi a ritornare a combattere da “semplice umano”. In giro per la mappa le armi – che siano da mischia, distanza o lancio – e gli oggetti EXO saranno contrassegnati dal colore viola. Un’altra novità è rappresentata dalla presenza di nuovi nemici. Oltre i classici zombie e i superstiti ostili, dovrete vedervela anche con gli zombie neomorti, quelli evoluti e con i soldati dell’organizzazione Obscuris. I primi non sono nient’altro che umani appena morsi e nelle fasi iniziali della trasformazione; risultano forti, aggressivi e più veloci rispetto agli altri. Vi attaccheranno con artigliate e violente prese. Gli zombie evoluti sono zombie neomorti che sono stati in grado di resistere al parassita dentro di loro. Conservano in parte la loro intelligenza e allo stesso tempo acquisiscono forza e agilità sovraumane. Tendono ad attaccare dall’alto e dalla distanza, sono molto resistenti ed in grado di accrescere la ferocia degli zombie circostanti. Infine i soldati dell’organizzazione Obscuris, armati con asce, fucili e granate militari (è possibile scontrarsi anche con agenti speciali all’interno di un EXO o dotati di lanciafiamme). Anche in questo nuovo episodio ritroviamo gli elementi, grandi classici dell’amata serie, come un’ampia gamma di armi e veicoli che i giocatori potranno combinare – con maggiore facilità rispetto al passato grazie ad un nuovo sistema che evidenzia gli oggetti utili per gli schemi raccolti – per fronteggiare orde di zombi impazziti. Gli attacchi caricano uno speciale contatore che, se portato al massimo, permette l’utilizzo di un particolare colpo in grado di sconfiggere più velocemente i nemici più forti. Ritorno assai gradito è quello della macchina fotografica; il nostro caro giornalista, potrà infatti scattare foto ironiche, uniche, sanguinose o tragiche. La macchina possiede anche un analizzatore di spetto che evidenzia elementi non percepibili a occhio nudo, un filtro notturno e una modalità indagine, utile in alcune missioni che vi verrà richiesto di trovare degli indizi per risolvere un mistero. Il tutto sarà utile anche per i punti, che vengono assegnati normalmente ogni qualvolta si sale di livello e possono essere spesi per sbloccare nuove abilità; l’albero delle skills è più profondo, con possibilità di arrivare a spendere un massimo di cento punti complessivi (il level cap è passato dal cinquanta al cento). Se c’è qualcosa in cui Dead Rising 3 aveva pienamente convinto era nella gestione degli psicopatici, veri e propri piccoli boss in grado di variare l’offerta qualitativa dei nemici. Questi, in Dead Rising 4, sono sostanzialmente mutati nei cosiddetti maniaci. Si tratta di superstiti che hanno perso la ragione sotto la pressione psicologica dell’epidemia: si muovono in gruppo tra le strade di Willamette ed hanno un capo ma non risultano pericolosi o particolarmente divertenti da affrontare. Per fare un esempio pratico, ci siamo ritrovati ad affrontare un folle babbo natale in mezzo agli alberi e si è trattato di uno scontro durato pochissimo e per nulla esaltante; considerando il tutto sarebbe bastato davvero poco per garantire una maggiore profondità complessiva e ci è rimasto pertanto un po’ di amaro in bocca. Altra nota dolente è rappresentata dalla difficoltà, si passa infatti troppo velocemente dall’essere appena in grado di concatenare una serie degna di combo al compiere invece degli incredibili massacri con estrema facilità. In tal senso non aiutano neanche le semplificazioni della mancanza dei limiti di tempo, con la conseguente assenza (il gioco procede sostanzialmente con il classico funzionamento a capitoli) di un ciclo giorno/notte reale che vada a modificare il comportamento degli zombie; viene spontaneo chiedersi se non fosse stato più corretto dare la possibilità di scelta al giocatore. A tutto questo si aggiunge una quantità esagerata di oggetti curativi e cibi, tanto dall’averci dato la possibilità di finire l’avventura principale senza mai morire. Dopo l’utilizzo di una frase come “ritorno alle origini”, con il primo capitolo ben scolpito nella nostra mente, era lecito aspettarsi un gioco più complesso.
Esattamente come i suoi predecessori, anche Dead Rising 4 è pieno di missioni secondarie, di schemi e di collezionabili (alcuni dei quali utilissimi per comprendere la storia dell’epidemia e scoprire le persone coinvolte). Sono presenti i classici salvataggi di superstiti, anch’essi però molto più semplici, perché per la maggior parte dei casi, una volta salvati, non andranno scortati fino alla casa sicura più vicina. È possibile anche liberare dei rifugi d’emergenza infestati dagli zombie per cercare di assicurare un posto sicuro a Frank ma anche a tutti gli altri; tra l’altro, traendo in salvo il maggior numero di persone possibile sarà possibile incontrare individui disposti a vendere quello che hanno raccolto in giro per la città come vestiti, veicoli, schemi ma anche oggetti fondamentali come chiavi e mappe. Nel mondo di gioco sono disseminate anche le stanze antipanico Zom-B Safe, in cui troverete superstiti intrappolati o armi utili. Si tratta di stanze di massima sicurezza che possono essere aperte con specifiche schede di accesso. Appena ne troverete una, potrete notare che sulla vostra mappa sarà evidenziata un’area circolare in cui entrare. Molte stanze sono nascoste e possono essere trovate solo con l’analizzatore di spettro della fotocamera. Per quanto riguarda invece gli NPC protagonisti delle missioni secondarie va detto purtroppo che le storie e le attività che si celano dietro a tali personaggi non risultano ben costruite e interessanti ma piuttosto sviluppate con una certa fretta. Per questo, andando a guardare alla struttura di base del gioco, che vede come uno dei pericoli più grandi quello della ripetitività, dovuta al continuo massacro di zombie, sarebbe stato doveroso compiere un lavoro più profondo. Ed è proprio qui, nelle side quests, che Dead Rising 4 ci ha deluso: l’ultima fatica di Capcom Vancouver rimane esageratamente legata al passato e non prova a proporre qualcosa di realmente inedito. A nostro avviso diversificare la struttura delle attività secondarie, ampliandone il numero, la base e gli obbiettivi era invece assolutamente fondamentale.
Il gioco riesce a muovere su schermo un numero di personaggi assolutamente incredibile (in certi momenti anche superiore rispetto a quanto visto in Dead Rising 3) cercando di mantenere i 30 FPS costanti: il più che problematico frame-rate del capitolo precedente è soltanto un brutto ricordo e sotto questo specifico aspetto Dead Rising 4 riesce a compiere un buon lavoro complessivo. Non abbiamo assistito a vistosissimi cali ma “soltanto” ad alcuni rallentamenti, soprattutto in alcuni punti critici dove ci siamo ritrovati a utilizzare speciali armi e veicoli su vasti gruppi di nemici; fortunatamente mai nulla di esageratamente grave. Anche il pop-in è stato ridotto, nonostante un utilizzo minore del “riempimento” di oggetti in-game solo all’avvicinamento del nostro protagonista; più che sufficiente anche il lavoro svolto sulle enormi ambientazioni, che risultano sufficientemente dettagliate e le cui texture sono inserite con cognizione di causa. Buona la modellazione poligonale dei personaggi principali mentre avremmo gradito una maggiore cura sui superstiti, soprattutto per quanto riguarda la realizzazione dei volti, che più o meno risultano in linea con quanto visto in passato. Sia chiaro, il gioco non brilla per le proprie capacità tecniche ma il miglioramento generale è reale e apprezzabile. Dead Rising 4 riesce a risolvere in parte anche un altro problema riscontrato all’interno del suo predecessore: nell’arco dell’avventura infatti abbiamo assistito assolutamente in modo sporadico al fastidioso tearing, presente più che altro durante lo spostamento orizzontale della telecamera: in ogni caso la sua presenza non è risultata invasiva, in quanto non presente durante le fasi di gioco vero e proprio. Infine non abbiamo notato i soliti lunghi caricamenti, che vanno a spezzare con regolarità l’azione facendo calare la tensione dei giocatori a ogni cambio di sezione, ma grazie a una gestione intelligente del design della mappa e dei capitoli di gioco ci sono sembrati molto meno frequenti. Pur essendo ancora lontano dal raggiungere vette tecniche particolarmente alte, Dead Rising 4 riesce a compiere dei piccoli significativi passi in avanti rispetto a quanto visto in passato. Discorso diverso invece per l’ottimo comparto sonoro, che vede un mix esplosivo dei soliti lodabili effetti sugli oggetti presenti su schermo e di una vera e propria OST natalizia: tali musiche si rivelano tanto assurde quanto ben integrate nel contesto. Siamo sicuri che apprezzerete il generarsi degli svariati momenti d’ilarità dati dalla distruzione di intere orde di zombie in putrefazione tra un Jingle Bell Swing e un Looking for Santa Claus. Il doppiaggio italiano è un po’ zoppicante e mostra un lavoro complessivamente accettabile su alcuni personaggi, sia durante il gioco che durante le cutscenes, mentre risulta mediocre in altri casi, a causa soprattutto della scarsa attenzione data alla sincronizzazione generale. Nota negativa invece per l’IA, forse l’unico punto su cui il gioco non ha fatto dei reali passi in avanti: i movimenti dei boss non appaiono per nulla convincenti e anche le capacità offensive dei “maniaci” in giro per la mappa lasciano a desiderare.
Purtroppo, come scritto in precedenza, il gioco non prevede alcuna feature riguardante il limite di tempo nella campagna ma tale “vuoto” è stato riempito con l’inedita modalità cooperativa multiplayer. Qui infatti verrà imposto ai giocatori di completare determinati obiettivi all’interno di un intervallo di tempo ben delineato. L’intenzione di Capcom di inserire una coop a quattro giocatori all’interno di un possibile seguito era chiaro già poco tempo dopo il rilascio di Dead Rising 3 e così è stato. Si tratta di una serie di missioni di sopravvivenza, insieme a un massimo di altri tre giocatori, all’interno del Willamette Memorial Megaplex: con i vostri compagni riceverete un nuovo elenco di missioni e di attività all’inizio di ogni diversa giornata che comporrà l’episodio. Ognuno di questi si concentra su un’area specifica della mappa; l’intero megaplex risulta liberamente esplorabile ma la maggior parte delle missioni di ciascun episodio si svolgerà nella medesima zona. Avrete la possibilità di scegliere tra Isaac Tremaine, un macellaio chiacchierone, esperto nel combattimento ravvicinato e dotato di un martello come arma iniziale; Jordan Maxwell, un’esperta di demolizioni e dotata di una granata da lancio; Connor McMann che potrà essere utilizzato in modo simile ai classici “medici” di altri svariati titoli multiplayer. Infine, potrete utilizzare anche Jessa Yatsuda, appassionata di auto e d’armi di grosso calibro, che possiede invece una doppietta. Come al solito, al di là del personaggio scelto, le armi da mischia potranno comunque essere raccolte ovunque, per cercare di evitare eventuali “situazioni disperate”. Qualsiasi oggetto può essere utilizzato come arma contro la numerosa orda di zombie con cui avrete a che fare, con nuovi oggetti da lancio in grado di annientare interi gruppi di nemici. Anche in modalità multiplayer le armi hanno una durata limitata e possono rompersi: basterà controllare l’inventario, che se dovesse mostrarsi di colore rosso, indicherà che l’arma è prossima alla rottura. In giro potrete ottenere anche i classici schemi per la creazione di armi-combo con i componenti necessari che si illumineranno di blu per agevolare il loro recupero.
La storia dei quattro personaggi (che avrete la possibilità d’intravedere già durante l’avventura principale) si arricchirà di dettagli con l’avanzare dei diversi casi disponibili: si comincerà con il primo episodio, dedicato alla sfida di Hammond (conoscerete anche lui durante la campagna), per poi andare a svilupparsi con gli altri tre episodi, tutti sbloccabili al completamento di un determinato numero di missioni. Il giocatore comincerà all’interno di una casa sicura, in cui sarà possibile acquistare oggetti per la propria salute e armi, prima dell’aprirsi delle porte e dell’arrivo dei nemici, e si concluderà sempre in quella che viene definita safehouse. A fine giornata Hammond stesso vi comunicherà la posizione del rifugio successivo, che dovrete raggiungere prima dello scoccare della mezzanotte. In generale, la base di gioco risulta molto simile a quella già apprezzata nella Infinity Mode del primo capitolo della saga. È possibile inoltre ottenere punti (che vi permetteranno non solo di progredire nella modalità ma anche di accrescere il vostro punteggio totale nella leaderboard online) in diversi modi, per esempio uccidendo vari zombie, dalla tipologia variabile, completando missioni o rianimando i compagni. Altre azioni, come la morte o l’arrivo in ritardo al rifugio comporteranno una penalità nel punteggio finale. Completando le prove della modalità multigiocatore si sbloccheranno nuovi oggetti letali e schemi per la costruzione di speciali armi-combo chiamate combo dorate. Per creare tali specifiche armi bisogna possedere almeno un lingotto nell’inventario, che può essere trovato in giro per la mappa oppure può essere acquistato presso i rivenditori automatici. Quando si esauriscono i punti salute, invece di morire istantaneamente, come visto ormai in molti altri titoli, il giocatore inizierà a dissanguarsi: a quel punto i propri alleati potranno procedere con la rianimazione. Se invece non si vuole attendere, si potrà tenere premuto il pulsante di sanguinamento per accelerare il processo di dissanguamento e successiva morte. A quel punto avrà inizio un conteggio (il tempo d’attesa si può ridurre spendendo punti) per il ritorno in partita. La modalità è complessivamente ben costruita e divertente; inoltre grazie ai modificatori del punteggio e ad alcune limitazioni, si pone per certi versi come una sfida anche più stuzzicante rispetto a ciò che la produzione offre nella campagna principale. Ci chiediamo tuttavia se fosse davvero necessario rinunciare totalmente alla coop a due giocatori in campagna e non fosse invece una scelta più saggia e convincente quella di mantenerla, donando al titolo un ulteriore possibilità di gioco. In tal senso, rimaniamo dell’idea che andando avanti con i capitoli di una saga si dovrebbe dare una scelta maggiore al videogiocatore andando dunque ad “aggiungere” e non a “togliere”.
Si ringrazia:spaziogames.it